(14 – 20 dicembre 2023)
14 dicembre
Arrivo, e solito tempo per insediarci in casa e fare la spesa. Domani si parte per esplorare Parigi
15 dicembre
Iniziamo la giornata con la visita alla Fondazione Henri Cartier-Bresson, oggi spostata nel Marais dopo un precedente spazio a Montparnasse. Questo spazio è più grande, estremamente razionale, occupa parte del pianterreno e del piano interrato di un palazzo settecentesco dall’aria molto austera
La Fondazione è la risposta alla volontà del fotografo, della moglie Martine Franck, anch’essa fotografa, e della figlia Mélanie
L’esposizione di apre con una serie di scatti realizzati sia da Cartier Bresson che dalla moglie: alcuni, con lo stesso soggetto, mostrano la diversa interpretazione dei due artisti.
Le mostre temporanee sono, in questo momento, due, dedicate a due donne
Carolyn Drake ci propone una serie di scatti da lei realizzati all’etàdi circa 50 anni. I soggetti sono quasi tutti uomini nudi o quasi, guardati con occhi di profondo rispetto e comprensione
Emily Jay ha immortalato la sua traversata degli Stati uniti, fatto in bicicletta all’età di 17 anni con coraggio ed entusiasmo
Una parete della sala espositiva è interamente coperta dall’mgrandimento di una fotografia fatta in Italia nel 1953: i soggetti sono una giovane donna che passeggia, la sua espressione tra il preoccupato e l’imbarazzato, e un gruppo di uomini che la guardano, ridono, commentano. Una fotografia molto attuale ancor oggi, purtroppo
Lasciamo la Fondazione e ci avviamo verso l’altro versante della Senna, alla ricerca del Surplus di APC. Non trovo quello che cerco ma, andando, passiamo davanti all’Hotel de Ville. La facciata è ormai dedicata alle Olimpiadi del 2024, ma la piazza è tutta dedicata alle decorazioni natalizie, con abeti, colori, luci e la giostra di Mary Poppins
Il Marais non ci delude: rivediamo la sfilata di ombrelli arcobaleno
Rientriamo a casa e ci prepariamo per andare a trovare Sylvia e Giacomo
Abitano ad Antony, una banlieu di Parigi tra le più belle, e si sono da poco trasferiti in una casa nuova, una villetta tutta per loro e i loro figli Ylan e Shan
L’accoglienza è da gran lusso: cocktail, fois gras, formaggio francese, ma certo il vero lusso è fatto dal calore dell’amicizia vera e al piacere di rivederci
Vecchie foto ci riportano a circa 15 anni fa …
16 dicembre
La prima tappa della giornata è il museo Marmottan, che ospita una mostra dedicata a Berthe Morisot, prima donna impressionista, e agli artisti con i quali più si è confrontata
La mostra è ospitata nell’hotel particulier della famiglia Marmottan, e già visitare i locali con la loro architettura, le decorazioni e i lussuosi arredi in stile Impero è una meraviglia. Fanno parte dell’arredamento anche opere di Sisley e Degas
I lavori di Berthe Morisot sono quasi sempre ritratti, nei quali si coglie la capacità di immortalare l’espressione più intima del soggetto ritratto (in genere femminile) immerso in un ambiente luminoso o fiorito. Nessuno spazio è lasciato a fronzoli o inutili dettagli estetici, solo il viso, la postura, la reale personalità
Straordinari sono i suoi lavori a pastello
La mostra si conclude con una interpretazione del ritratto di Berthe eseguito dal marito, Edouard Manet, interpretato in termini astratti dall’artista Anne Laure Sacriste
Ma il museo Marmottan è la sede della Fondazione Monet, voluta dal figlio dell’artista, George. Così, per finire, rivediamo alcuni dei capolavori del maestro di Giverny: sempre un incanto. E sempre mi chiedo dove sta la sottile differenza, in un quadro impressionista, tra il capolavoro e il paciugo …
La collezione del museo si completa con opere di stampo religioso datate intorno al 1500 (sculture, libri stilati da amanuensi) dove mi commuove profondamente un polittico dedicato all’assunzione della Madonna: la Vergine è in cielo, abbracciata, coccolata da suo figlio. Quello che vorrebbe qualunque madre.
Dal Marmottan ci spostiamo fino alla Tour Eiffel. La quantità di persone presenti ci scoraggia da ogni avvicinamento. Torniamo verso casa a piedi, attraverso gli Champs Elysées addobbati per Natale, in mezzo alla folla pre natalizia. Inquieta, in tutto questo, notare qui e là sacche di povertà estrema: persone che si arrangiano, che vivono in una tenda sotto i portici … difficile rimanere indifferenti, difficile trovare soluzioni
A casa, stasera, è pesce fresco: moules Bouchot e gamberi
17 dicembre
Dopo la consueta spesa al mercato della domenica mattina, visitiamola mostra dedicata a Sophie Calle nel Museo Picasso, tra l’altro vicinissimo a casa
Conoscevo questa artista per aver visto alcuni suoi lavori in situazioni diverse, ma non mi era mai capitato di approfondirla attraverso una mostra monografica che si è rivelata di grande ricchezza
La mostra si intitola “A toi de faire ma mignonne” (Tocca a te, tesoro mio): la prima parte della mostra è centrata sulla sua ammirazione verso Pablo Picasso. L’artista aveva, in passato, visitato il museo e aveva trovato alcuni quadri del maestro coperti da carta per imballaggi. Calle si era chiesta cosa nascondessero quelle tele e, trovandone le copie, aveva deciso di sostituirle con una descrizione, una descrizione dettata dalla sua sensazione, dalla sua sensibilità
Il suo omaggio a Picasso continua con la sua interpretazione di Guernica, che lei esprime con un volto di donna piangente, nascosto dalle ali di un uccello nero
Nello stesso tempo, Sophie Calle si trova in sintonia, anche anagrafica, con molti altri artisti contemporanei, e una sua composizione è costituita dalla raccolta di molte opere, diverse per soggetto e per formato, di questi artisti, combinate fra loro in un unico grande tableau
Un altro argomento che interessa molto l’artista e, prima di lei, Picasso, è il racconto visivo dei colori o delle forme da parte di chi non vede dalla nascita, o l’ultimo ricordo visivo di chi ha perso la vista, all’improvviso, per un incidente. E’ una parte molto toccante, perchè anche chi non vede riesce a esprimere i colori, mentre chi ha perso la vista a un certo punto della vita, quasi sceglie l’ultima immagine, cercandola tra le cose che gli mancano di più
Nel percorso c’è un video in cui si scorgono delle persone davanti al mare in movimento, che lo guardano, e io penso a Maurizio Crozza che dice “Davanti al mare, anche senza una lira in tasca, ti senti un re”
Una stanza propone una dozzina di foto, coperte da un panno sul quale l’artista ha scritto le sue osservazioni, aspettative, e anche l’ironia verso quanto fotografato. Le immagini sono coperte, e una scritta autografa di Sophie Calle ci invita a leggere e poi scoprire le fotografie
Sophie Calle è anche molto spiritosa: pensando a ci è andato al museo Picasso credendo di vedere opere dell’artista spagnolo, mette in mostra, in una saletta, la Celestina di Picasso, e chiama questo spazio “camera di consolazione”
L’ultima parte della mostra è governata dal pensiero della morte: dell’artista, dei suoi genitori, e di qualche persona cara. Capiamo che Sophie Calle, che non si è mai sposata e non ha avuto figli “per scelta” era molto legata ai suoi genitori, e la loro morte, pur avvenuta in età molto avanzata, l’ha trovata impreparata. Per riuscire ad accettarla, ne ha fatto un’opera d’arte. Ovviamente con la stessa forza entra il pensiero della morte dell’artista stessa, ovvero della morte di tutti noi, e torna in scena Picasso che, molto superstizioso, non ha mai voluto fare testamento per paura che “chiamasse” la fine
Sophie Calle, comunque, riesce anche a scherzare e ironizzare sulla fine, su quello che resterà dopo di lei (di noi) e se non rassegnata, sembra averla accettata.
La scritta “Game Over” appoggiata a una sedia sospesa contiene la piena ambiguità: finisce la mostra, ma non solo…
Dopo la mostra, non breve, e uno spuntino a casa, ci tuffiamo in centro per vedere qualche decorazione natalizia. In particolare siamo attratti dalle Galeries Lafayette, famose per la creatività delle vetrine e la sontuosià dell’albero di Natale all’interno. E infatti …
Anche Hermes non delude, nella sua vetrina natalizia, oltre alle creazioni di moda, c’è un enorme tronchetto di Natale
Rientriamo a casa, forse più stanchi della folla che della strada. Grande giornata.
18 dicembre
Dopo un minimo di organizzazione per la giornata, ci avviamo verso la Fondazione Louis Vuitton, che è dall’altra parte della città, ma comodamente raggiungibile con la linea 1 della metro, una delle più comode per noi
C’è in corso una mostra dedicata a Rothko, pittore astratto molto noto per i suoi quadri composti solo da larghe pennellate colorate
In realtà, come tutti gli artisti, il suo percorso parte da lontano e da esperienza molto diverse
Mark Rothko è lo pseudonimo, o meglio il nome scelto, nel 1940, da Marcus Rothkovich, nato nel 1903 in Russia (oggi Lituania) ed emigrato negli Stati Uniti all’età di circa dieci anni
Vive prima a Portland e poi si trasferisce a New York
Studia in modo discontinuo, finchè approda all’Art Student Legue di New York, dove studia nella classe di Max Weber
Comincia a dare, lui stesso, dei corsi di disegno. Nel 1932 si sposa con Edith Sachar, creatrice di gioielli, daalla quale avrà il figlio Christopher e dalla quale si separerà nel 1943. Sposerà poi Mary Alice Beistle, detta Mell
Una delle prime cose che lo colpiscono, nella grande città, è la metropolitana, la Subway, che inghiotte le persone per restituirle da un’altra parte, e molti sono i suoi lavori con questo soggetto
Studia temi mitologici e dedica alcune tele alla rappresentazione delle opere di questo genere, con un’interpretazione che già si avvicina più all’astrattismo che alla pittura figurativa
Nel 1948 Rothko abbandona del tutto la pittura figurativa per dedicarsi completamente all’astrazione, e da quel momento i suoi quadri non avranno nome, ma saranno numerati
Nel 1950 viaggia in Europa e in Italia: qui scopre la musica di Mozart, e al Beato Angelico. Nello stesso anno nasce la figlia Kate
Inizia il suo percorso verso l’astrazione: i suoi passi sono diversi, ed è questo il genio: riuscire a fare opere diverse usando la stessa matrice. “La mia arte non è astratta. Vive e respira”
Nel 1958 accetta di dipingere una serie di tele per il ristorante situato nel Seagram Building di Mies van der Rohe, ma il progetto non va in porto. Le tele, però, ci sono, diventano il Seagram Murals donati dall’autore alla Tate Modern di Londra. Arriveranno a destinazione il giorno della morte dell’artista
La Phillips Collection è qui presente con le opere che ha acquistato nel 1960, ed è la prima istituzione pubblica a organizzare una sala interamente dedicata all’arista
Per la sede dell’Unesco a Parigi prepara una serie di tele nere e grigie, ispirate all’opera scultorea di Giacometti
Infine, Rothko prepara le quattordici tele per la Cappella di Menil (o Rothko Chapel)
L’artista si suicida nel suo atelier il 25 febbraio 1970
I suoi lavori astratti richiedono tempo di osservazione, attenzione, pazienza. Dalle pennellate emergono sfumatura diverse, o segni decisi. Alcune sono più definite, altre più sfumate, ognuno vi legge quello che gli dice la sua intimità
Una visita da meditare nel tempo
La giornata è troppo fredda per andare ancora in giro (domani dovrebbe essere più tiepido). Breve spesa e serata casalinga
19 dicembre
Come sempre, l’ultima giornata a Parigi si risolve tra commissioni in zona, valigie e ultime passeggiate.
Con questo freddo, una bella cioccolata calda a émporter è quello che ci vuole, con lo sfondo del foliage …
Ci salutiamo con il suggestivo presepe nella chiesa di St. Paul, dove tutti i personaggi aspettano che compaia Gesù Bambino
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