(10 marzo – 17 marzo 2013)

 

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Ahlan Wa Sahlan!! Benvenuti in Giordania! Da quanto tempo si parlava di far questo viaggio…  e finalmente eccoci qui.

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10 marzo  – Il volo parte da Malpensa ed è davvero comodissimo, l’aereo di Air Jordan è confortevole, pulito e anche il pranzo, per essere su un aereo, si difende. Arriviamo puntualissimi all’aeroporto di Amman dedicato a Queen Alia , terza moglie del re Hussein, dove un’auto ci raccoglie e ci porta al nostro hotel, Landmark. La posizione non è delle più felici, ma è un buon hotel. Scopriamo che vi hanno soggiornato numerose personalità internazionali: se la maggior parte provengono dal mondo arabo, ci sono stati anche italiani “illustri”: Carlo Azeglio Ciampi, Massimo D’alema (scritto così!) .

La cena in hotel è discretamente buona. Ci sono altri italiani che sembrano essere insieme, chissà se faranno il nostro tour … Non conosciamo ancora la nostra guida, ci è stato solo specificato l’appuntamento per la mattina successiva: alle 8 pronti, si parte!

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11 marzo – La nostra guida è un bel signore dall’aria moderatamente mediorientale (ma lo è profondamente inside, come scopriremo) che si chiama Ismail Shkokani, per gli amici Ismail. E’ veloce e organizzato, ci fa giustamente osservare che le cose da vedere durante il viaggio saranno molte e non c’è tempo da perdere. Siamo un gruppo di nove persone dove casualmente tutti gli uomini si chiamano Gianfranco, Franco o Francesco … scopriremo alla fine del tour di aver trovato dei veri compagni di viaggio.

La Giordania come la conosciamo oggi è un paese molto giovane, nato nel 1921, e questo dettaglio pesa sulla sua architettura: non esiste quasi niente di bello di quanto costruito in questi novant’anni, le case sono essenziali e disarmoniche, le moschee, che avrebbero pretese artistiche, sono altrettanto anonime. In compenso il tuffo nel passato è molto profondo.

La mattina è dedicata alla visita di Amman, la “città bianca” che sorge su sette colli. Deve il suo nome alla dinastia degli ammoniti, ma ha superato numerose vicende prima che Tolomeo la ricostruisse, nel terzo secolo d.C., e le desse il nome di Philadephia. Con l’arrivo dei romani entrò a far parte della Decapoli,  in quanto sorgeva sulla Via Nuova Traiana, che attraversava la regione in verticale e arrivava al mare, ad Aqaba. Successivamente fu abitata e gestita in periodi alterni da arabi e bizantini, finché proprio gli arabi non spostarono i loro interessi verso oriente e verso Bagdad, segnando così l’abbandono della città. Solo nel 1880 venne ripopolata dai circassi, popolazione di origine russa e di religione musulmana installata ad Amman dagli ottomani. La rinascita definitiva avvenne proprio nel 1921 quando un accordo tra Winston Churchill e re Abdullah bin al-Hussein diede vita a questo nuovo stato nazionale arabo.

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Oggi la prima tappa è la Cittadella, la zona archeologica i cui resti più antichi risalgono a  7000 anni fa. Per raggiungerla il nostro pulmino si arrampica sulla strada dalla quale vediamo i resti delle antiche mura. Dall’alto il panorama è bello e suggestivo: sotto di noi si stende un presepe di casette cubiche costruite senza alcuna strategia e che coprono tutto lo spazio disponibile. Sulla collina di fronte, Raghadan, si intravede la residenza reale, sotto di noi il centro della Philadelphia romana, con il teatro. Ci fermiamo a visitare le colonne e i resti del tempio di Ercole, costruito in onore dell’imperatore Marco Aurelio: le colonne sfoggiano capitelli corinzi, mentre l’enorme mano del gigante ci fa intendere quanto fosse grande la statua del dio. Ci spostiamo e riconosciamo i resti di una basilica bizantina, raggiungiamo al-Qasr, il Palazzo del Califfo, che si apre con una costruzione in pietra decorata con bassorilievi eleganti, coperta da una enorme cupola in legno. All’interno il canto festoso e continuo di uccelli invisibili crea una colonna sonora un po’ surreale. A fianco vediamo una grossa cisterna, oggi in disuso ma in passato punto di raccolta delle acque che servivano alla città. Da questa posizione possiamo ammirare una enorme bandiera della Giordania, talmente grande e pesante da avere un movimento morbido e lento, come sventolasse al rallentatore. La bandiera ha un significato preciso: le tre bande orizzontali, nera, bianca e verde, rappresentano  tre califfati, il triangolo rosso è il simbolo della dinastia Hashemita e della Rivolta Araba, mentre la stella bianca a sette punte ha un doppio significato, i sette versi della prima sura del Corano e l’unione dei popoli arabi.

Visitiamo ancora il piccolo ma interessantissimo museo archeologico, dove ci abituiamo a riconoscere le foto onnipresenti dell’attuale re Abdullah e del padre, Hussein. Tra le primitive sculture, molto bella la testa con due volti.

Scendiamo ora nella città bassa per visitare il teatro romano, grande e grandioso, perfettamente conservato e tutt’ora utilizzato, e i musei adiacenti del Folklore e della Tradizione Popolare. Qui impariamo come è vestita e attrezzata una guardia del deserto.

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Lasciamo Amman per spostarci a nord est, verso il confine con l’Irak, e approfondire la conoscenza di alcuni castelli degli Omayyadi. Ci fermiamo alla fortezza   di al-Azraq – che vuol dire azzurro – in riferimento all’acqua di cui è ricca la regione. E’una costruzione militare grande e possente in basalto, la locale pietra scura, dove si riconoscono i diversi ambienti dedicati agli uomini o agli animali, e dove sono già visibili coperture a volta e archi a tutto sesto.  Eretta dai Romani nei primi secoli dopo Cristo, è stata usata successivamente dagli arabi, come denota la trasformazione in moschea dell’edificio centrale, dove è stato aggiunto il mirhab. E’ stata infine utilizzata come punto di appoggio da Lawrence d’Arabia.

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E’ ora di pranzo, assaggiamo quella che ci viene presentata come una specialità, la “rovesciata”, riso con pollo e verdura pressati in una casseruola, e rovesciati sul piatto dove mantengono la forma rotonda del contenitore. Alla fine del pranzo prendiamo il caffè, ottimo caffè turco aromatizzato al cardamomo, e Ismail mi fa l’onore di leggere i fondi. Quello che mi dice si discosta molto dalla realtà che penso mi attenda, ma è comunque interessante assistere alla coreografia un po’ magica di questa tradizione.

La visita continua a Qusayr Amrah, un raro esempio di architettura musulmana dove le decorazioni comprendono, nonostante il divieto della religione, la rappresentazione di figure umane maschili e femminili, oltre a un’immagine di Cristo. La costruzione, molto elegante, si presenta nel suo insieme come un rifugio lontano da tutto e da tutti, dove l’attenzione al piacere e al bel vivere pare particolarmente curata. Oltre alle stanze centrali affrescate con scene diverse e paesaggi, ci sono le stanze dell’hammam, con i tre locali per le diverse temperature, dove è notevole una volta affrescata con la mappa celeste, oltre ai segni dello zodiaco e a divinità greco-romane. All’esterno della costruzione principale c’è un pozzo e si può riconoscere il sistema idrico che permetteva il rifornimento dell’acqua. Non è difficile immaginare come, un tempo, anche la parte esterna fosse curata e armoniosa come l’interno.

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Un caldo tè offerto sotto una tenda beduina ci prepara all’ultima tappa della giornata: l’imponente fortezza di Qasr al-Kharanah, luogo di difesa ma anche caravanserraglio a disposizione dei commercianti che trasportavano le loro merci per centinaia di chilometri attraverso il deserto. Sul cortile interno si affacciano le aperture degli spazi per i cavalli, cammelli e dromedari, mentre al piano superiore ci sono ben 61 stanze per l’accoglienza dei viaggiatori, tutte decorate con affreschi, sculture, volte, arcate.

Al rientro ad Amman decidiamo di terminare la giornata con una visita alla città bassa, dove vivono e si muovono le persone del posto. Diamo un’occhiata dall’esterno alle rovine del Ninfeo, che doveva essere davvero grande, acquistiamo spezie nel suq, dove gli animali si vendono vivi, arriviamo fino alla moschea al-Hussein, o Grande Moschea, la più antica della città. Mentre il sole tramonta, in città piano piano si accendono le luci, e l’impressione di essere n un presepe si rafforza ancora. Un taxi ci riporta all’albergo.

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12 marzo – Oggi, da Amman, ci dirigiamo verso nord, dove c’è il confine con Israele e la Siria. L’itinerario si snoda in un percorso pianeggiante, e la strada passa in mezzo a colline fiorite, colture e oliveti. Passiamo cittadine che si somigliano tra loro, casette bianche e disordine orientale,campus universitari modernissimi,  superiamo il fiume az-Zarqa, già attraversato da Giacobbe per andare in Palestina. Il centro più grande e importante è rappresentato dalla città di Irbid, e da lì arriviamo finalmente al sito di Umm Qays, l’antica Gadara (oggi Gedara) fondata in epoca ellenistica ed entrata a far parte delle Decapoli. La città sorge in una splendida posizione strategica, ed è possibile vedere, nonostante la foschia, le alture del Golan, il lago di Tiberiade e alcune città israeliane, sull’altro versante del lago stesso. L’origine del nome Umm Qays è controversa, pare derivi dal nome della sorgente che assicurava l’acqua alla regione, oppure dal fatto che fosse un centro per la riscossione dei tributi. Si riconoscono i resti ben conservati di costruzioni ottomane, alcune ancora utilizzate, ed è chiaro l’incrocio tra il cardo e il decumano, le principale arterie stradali secondo l’urbanistica romana. Numerosissime colonne corinzie delimitano i percorsi, mentre Ismail ci spiega che quanto vediamo non è che una parte dei resti ancora sepolti sotto la collina. Attraversiamo un quadriportico ancora pavimentato e riconosciamo perfettamente il perimetro e l’abside di una basilica di forma ottagonale, risalente al VI secolo, con alcune colonne in basalto nero. Visitiamo il teatro ovest, datato II secolo, costruito in basalto e con due ordini di posti. Il ninfeo è ben conservato e di discrete dimensioni.

La posizione di Gedara, prossima alla cuspide dove si toccano Giordania, Israele e Siria, offre l’occasione per una piccola lezione di storia e di geografia. I conflitti tra Israele e Siria sono sempre accesi, e le alture del Golan sono ambite da entrambi gli stati, oltre che dalla Giordania, per la loro ricchezza in acqua. La Giordania è infatti il quarto Paese al mondo nella classifica degli stati più assetati.

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Lasciamo Gedara e costeggiamo il confine israeliano con un percorso boscoso e ricco di vigneti: raggiungiamo  il Castello di Ajlun, una massiccia, enorme costruzione in pietra, chiaro esempio dell’architettura araba. Sorge a 1200 metri di altezza su una vallata panoramica e aperta che spazia dalla valle del Giordano alle alture della Galilea. La fortezza è stata voluta e costruita dal nipote di Saladino durante le guerre Crociate per controllare i movimenti bellici. E’ stato distrutto dai mongoli, ricostruito dai mamelucchi e finalmente, nel 1812, scoperto da Johann Ludwig Burkhardt, ma solo negli anni ’60 del secolo scorso iniziarono i lavori di restauro e consolidamento. Per quanto potente e interessante, la cosa più bella è senz’altro lo spettacolare panorama sulle valli coltivate intorno.

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Anche oggi assaggiamo una specialità: il pane arabo appena sfornato.

Il pomeriggio è dedicato alla visita di uno dei siti più belli e suggestivi lasciati dai romani: Jarash, l’antica Gerasa. Se le origini risalgono all’età del Bronzo, è con Alessandro Magno e, successivamente, gli imperatori romani Traiano e Adriano, che raggiunse il massimo splendore e l’armonia architettonica che ammiriamo ancora oggi.

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L’entrata nel sito è indicata dal possente Arco di Adriano, bellissimo con le sue decorazioni ben restaurate e il caldo color ocra. Oltre l’arco, sulla sinistra c’è l’ippodromo, tutt’ora funzionante e utilizzato, dove si riconoscono antiche stalle. Si arriva alla Porta Sud, e si entra nel sito monumentale, si raggiunge la spettacolare Piazza Ovale, delimitata da un ordinato ordine di colonne, pavimentata con pietre che diventano più piccole man mano che si va verso il centro della piazza, aumentando così l’effetto ellittico. Se la Piazza Ovale è il punto più spettacolare, intorno lo spazio è ricco di monumenti che raccontano la storia. Il Tempio di Zeus, che risale al II secolo d.C., si raggiunge attraverso una scala monumentale, accanto il Teatro Sud, capiente per 3500 spettatori, dall’acustica perfetta e ben pavimentato, è ancora utilizzato durante un importante festival che si tiene in estate. Qui, tre guardie del deserto in divisa ci suonano l’inno nazionale giordano!

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Visitiamo il Tempio di Artemide, ancora un’emozione per la bellezza e la strategia architettonica delle colonne antisismiche, e da lì raggiungiamo le chiese di San Giovanni, San Giorgio e Ss. Cosma e Damiano, con splendidi pavimenti in mosaico. La nostra passeggiata ci conduce a incrociare anche qui cardo e decumano, e fino al teatro nord, che era sede degli incontri amministrativi e usato durante le elezioni. Naturalmente c’è una Porta Nord, e ancora il grande Ninfeo, la Cattedrale sorta sui resti di un tempio dedicato a Bacco, il Tetrapilo e le botteghe dei commercianti … Ma in assoluto la cosa più toccante di questa visita è l’esperienza di viaggiare nella storia, di andare indietro nei secoli in mezzo a bellezza e armonia, volute da uomini grandi capaci di capirle e apprezzarle. La natura intorno, e la giornata soleggiata e tiepida, confermano queste sensazioni.

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13 marzo – Stamattina lasciamo definitivamente Amman, e ci dirigiamo verso sud. La prima tappa, non lontana, è il Monte Nebo, un luogo ricco di simboli e di storia: da qui, straordinario balcone sulla valle del Giordano, Mosè contemplò Israele, la Terra Promessa, qui fu sepolto e i Padri Francescani della Custodia della Terrasanta hanno costruito il memoriale a lui dedicato. Il panorama esterno è spettacolare, con l’ampia vallata che declina verso il Giordano e il Mar Morto e la città di Gerico sullo sfondo, dall’altra parte della valle. Una mappa stilizzata indica la posizione delle città più note in terra d’Israele, luoghi storici e resi sacri dal Nuovo Testamento, o tristemente famosi per le tensioni sempre presenti nell’area. In lontananza, oltre la valle del Moab piuttosto brulla, osserviamo le terre rese fertili dal Giordano e verdi di boschi e colture. La chiesa, uno spazio cristiano in terra araba, è chiusa per restauri, ma i bellissimi mosaici bizantini sono visibili nel loro perfetto stato di conservazione: animali, figure umane, fregi colorati si alternano con eleganza e armonia.

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Lasciamo il Monte Nebo e ci fermiamo a Madaba, un luogo storico di origine bizantina che meriterebbe una visita ben più approfondita. Noi ci dobbiamo accontentare (anche se non è poco!) di visitare la chiesa di San Giorgio, un tempio di rito greco ortodosso costruita nel 1896, dalla facciata semplice e dall’interno piacevole e luminoso. Qui è conservata la Mappa di Terrasanta,
quanto resta di un mosaico antichissimo, databile intorno al 560 d.C., una vera carta geografica biblica dove sono citate oltre 150 località ognuna riconoscibile per le immagini e i colori che le rappresenta. Al centro della mappa si impone Gerusalemme, di cui sono riconoscibili molti monumenti, e intorno non mancano vallate, corsi d’acqua, deserti. Buffi i pesci che scappano dal Mar Morto, dove non potrebbero sopravvivere.

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Vicino a Madaba sorge la fortezza di Macheronte, dove venne decapitato Giovanni Battista.

Lasciamo Madaba e continuiamo il viaggio attraverso la Strada dei Re, o via Nuova Traiana, un percorso che taglia la regione da nord a sud e, in principio, univa Busra, in Siria, con Aqaba: un’opera monumentale, costruita in soli tre anni circa duemila anni fa. Su questo percorso attraversiamo lo spettacolare Wadi Mujib, un paesaggio asciutto e ripido, punteggiato da rara vegetazione e dalle abitazioni dei nomadi, letteralmente spaccato in due, che la strada percorre fino all’omonima diga (Al-Mujib) e al bacino d’acqua che disseta tutta l’area. Risaliamo l’altro versante e arriviamo alle pianure del Moab, intensamente verdi, dove in primavera fiorirà l’iris nero, fiore ufficiale della Giordania. Raggiungiamo la cittadina di Al-Karak, ben posizionata su un’altura, dove sorge la Cittadella, una struttura ampia, panoramica, con un’ampia vista sulla vallata intorno, costruita e completata in epoche diverse dai crociati e dagli arabi. E’ molto piacevole la passeggiata in questa struttura complessa, storica, dove si intuisce la tensione passata e si gode, oggi, il piacere di una visita in pace, dove il panorama non viene osservato in cerca del nemico che si avvicina, ma per apprezzare i pini di Aleppo nella collina intorno.

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Lasciamo Al-Karak, dove come dappertutto non mancano i ritratti dei re Hussein e Abdullah, e ci rassegniamo a un lungo tragitto, che ci porta direttamente a Petra. Dormiamo nell’albergo Beit Zaman, una sorta di albergo diffuso che si presenta come un bel complesso, sebbene un po’ trascurato. La gestione è affidata ai beduini che, fino a vent’anni fa circa, vivevano a Petra, all’interno delle aperture naturali nella pietra, e che sono stati compensati dello “sfratto” con queste attività di accoglienza turistica.

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14 marzo – Petra dei Nabatei. Eccoci qui, credo di non sbagliare se affermo che chiunque viene in Giordania lo fa principalmente per visitare Petra. E con ragione, perché nessuna immagine, film o racconto può trasmettere l’emozione di questo posto unico al mondo.

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All’ingresso cammelli, cavalli, calessi aspettano di accompagnare i turisti più pigri. Noi ci avviamo subito nel Siq, un passaggio stretto pochi metri e lungo oltre un chilometro, dove subito si ha la forte consapevolezza di camminare in fondo al mare. Siamo infatti circondati da rocce in arenaria dalle forme morbide e tonde, forgiate quindi prima dall’acqua e poi dal vento, dove si alternano  colori diversi che vanno dal rosa al grigio al bianco. Circa duemila anni fa i Nabatei, popolo originario della penisola arabica,  trovò naturale e sicuro rifugio in questo spazio quasi nascosto, e qui lasciò tracce profonde della sua cultura e storia. Se le abitazioni erano semplici cavità nella pietra, le tombe, che si incontrano già all’inizio del percorso, denotano una raffinatezza artistica e una perizia ingegneristica davvero affascinanti. La scelta delle forme dell’obelisco, ispirate quindi all’Egitto, o della scala, di origine assira, indicano le contaminazioni culturali assorbite da questo popolo, che ha scelto di rappresentare le divinità in forma di parallelepipedo per differenziarle dall’aspetto umano e ha saputo costruire canali di scolo dell’acqua per difendersi dalle inondazioni. Questa passeggiata in fondo al mare, in cui ci si sente piccoli e insignificanti a confronto dell’ordine universale, cattura per la bellezza dei colori in contrasto con l’azzurro terso del cielo, la sacralità monumentale del luogo, l’energia potente che arriva dalla forza delle rocce. Ecco perché alla fine, quando all’improvviso lo spazio si apre su Al-Khazneh, il Tesoro del Faraone, si è quasi impreparati, ancora distratti dal percorso precedente.

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La grande e imponente facciata, eretta nel primo secolo a.C. come tomba reale e poi, forse, trasformata in tempio, è elegantissima nelle sue forme di ispirazione ellenistica, ma particolari e uniche per la squisita tecnica architettonica dei Nabatei. Ci fermiamo a lungo in contemplazione, ma ripartiamo decisi perché questo è solo l’inizio. Petra è un’enorme necropoli, e subito la strada continua con le facciate di numerose altre tombe, tutte perfettamente decorate con motivi di rigoroso equilibrio geometrico. C’è il teatro, scavato nella roccia, di ispirazione romana, e in questo tratto l’arenaria offre il meglio di sé: grazie a infiltrazioni d’acqua e sali minerali, i colori si distinguono e si mescolano con raffinata fantasia, il rosa e l’arancio si alternano a bianco, azzurro e grigio, in accostamenti cromatici degni dei migliori stilisti (e la nostra guida ci indica quella che lui chiama la grotta Missoni). La passeggiata continua nella via colonnata, dove ci sono anche piccoli negozi e ristoranti.

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Deviamo verso la Chiesa Bizantina, coperta da una brutta struttura (che però la protegge)dove osserviamo splendidi mosaici raffiguranti figure umane, animali e le allegorie delle quattro stagioni.

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Da qui osserviamo il Grande Tempio di Petra, straordinario, e accanto il Palazzo della Fanciulla, pare dedicato alla figlia di un faraone. Ora affrontiamo la lunga salita verso Ad-Dayr, il Monastero: ci chiede tempo e fatica, ma lassù siamo compensati con la facciata meravigliosa del Monastero stesso, più semplice del Tesoro, ma non meno suggestiva. Siamo in posizione dominante, lo sguardo spazia sulle cime intorno, il silenzio è perfetto, caprette e asini si muovono sicuri sulle rocce a strapiombo. Scendiamo dalla vetta del Monastero per visitare le tombe reali, altri esempi di architettura inimmaginabile due millenni fa per tecnica e precisione.

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Mentre ci concediamo un tè alla menta lasciamo spaziare lo sguardo intorno: abbiamo fatto un salto indietro nel tempo di duemila anni, siamo al centro di una valle protetta da uno stretto passaggio lungo e impegnativo, e intorno a noi l’architettura diventa. C’è il tempo per un ultimo saluto al tesoro del Farone e poi si torna, ancora attraverso il Siq, dove la luce del tramonto ammorbidisce i colori.

La visita di Petra, pur completamente diversa, regala un’emozione paragonabile a quella di Jerash: si viene catapultati indietro nel tempo di un paio di millenni, e al di là della bellezza e della solennità dei singoli elementi che ci circondano, quello che affascina e resta nel cuore è la sensazione di essere testimoni di un passato che ha chiuso o cambiato il suo percorso, ma non è scomparso.

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15 marzo – La prima tappa è Siq al-Barid, la cosiddetta Piccola Petra, un luogo raccolto dove sono presenti altri edifici e tombe scavate nella roccia, e dove si vedono con chiarezza le cisterne per la raccolta dell’acqua. Una sala posta in luogo sopraelevato conserva tracce di affreschi con decori floreali e figure mitologiche. Nel percorso vediamo da lontano il sito di al-Bayda, insediamento preistorico tra i più antichi, e attraversiamo il villaggio moderno dove sono stati spostati i beduini che, fino a una trentina di anni fa, vivevano a Petra. Per quanto confortevoli siano queste case, non è difficile immaginare lo spirito di adattamento che è stato necessario a chi, da generazioni, viveva a stretto contatto con la natura.

Lasciamo la Piccola Petra e tutto il sito archeologico per imboccare l’autostrada che raggiunge Aqaba, e fermarci al deserto del Wadi Rum. Durante il tragitto, piuttosto lungo e anche un po’ noioso, incrociamo un treno per il trasporto dei fosfati. La prima sosta è al Centro visitatori dell’area protetta del Wadi Rum, ai piedi del massiccio chiamato I sette pilastri della saggezza, dal titolo del libro di Lawrence dArabia. Qui ci attendono le jeep che ci porteranno, tra scossoni e nuvole di sabbia rossa, al’interno dell’area protetta del deserto. Un cortese beduino aveva però provveduto ad acconciare alcuni di noi, usando le nostre sciarpe di cotone, con turbanti per proteggere sia i capelli che naso e bocca. Un’acconciatura che ci fa sentire carichi di un notevole fascino esotico …

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Il Wadi Rum è un deserto sabbioso intervallato da massicci montuosi con curiose forme rotonde che fanno pensare a possenti torri. Ci fermiamo in posti diversi, a una sorgente d’acqua dove si vedono anche delle iscrizioni non ancora totalmente decifrate, in un canyon dove si riconoscono chiaramente diversi graffiti, per fermarci sotto una tenda beduina a sorseggiare un tè. Incontriamo una splendida duna che ci offre lo sfondo ideale per la foto del nostro gruppo: il contrasto tra l’arancio della sabbia e l’azzurro del cielo è bellissimo.

Le jeep ci riportano al punto di partenza, stasera dormiremo sul Mar Morto e la strada da fare è ancora lunga. Sul percorso è indicato il punto preciso in cui, dal livello del mare, si comincia a scendere: il mar Morto è il punto più basso della Terra. Il nostro hotel, Crowne Plaza Dead Sea, è molto lussuoso e molto kitch, e dedichiamo l’ultima parte della giornata per esplorarlo e goderne i giardini. Nonostante le premesse, la temperatura non è così alta da ispirarci a un tuffo immediato.

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16 marzo – Trascorriamo sulla spiaggia del Mar Morto l’ultimo giorno di vacanza, tra chiacchiere, bagni e risate. A causa dell’altissima concentrazione di sale nel Mar Morto si galleggia con una spinta dal basso verso l’alto ben superiore di quella indicata da Archimede. Non è possibile nuotare, in quanto bisogna prestare attenzione a non schizzare gli occhi, in compenso ci si sposta con estrema facilità semplicemente camminando o pedalando nell’acqua … provare per credere!

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17 marzo – Au revoir alla Giordania. Nel viaggio di ritorno resto colpita (ma perchè?) dal fatto che sullo schermo, oltre alle indicazioni di rotta  e situazione del volo, è precisata la posizione della Mecca …